Se ne parla sempre di più, tanto che il termine “vacanza rovinata” è diventato di comune dominio e viene quotidianamente utilizzato per identificare il pregiudizio sofferto dal turista.
Tuttavia, nonostante il Codice del Consumo abbia sempre previsto il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto di un “pacchetto turistico”, gli organizzatori di viaggio, si sono sempre opposti nel riconoscere le proprie responsabilità tentando di contestare la sussistenza stessa nel nostro ordinamento di tale forma di danno.
Ed invero, in molti casi i Giudici, commettendo macroscopici errori, sono stati restii a configurare tale danno, omettendo, in molti casi, di considerare che la normativa di settore abbia, da anni, espressamente cristallizzato l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo.
Oggi, grazie all’intervento degli Ermellini, non vi è più possibilità di contestare il diritto al risarcimento del danno morale sofferto dal consumatore, derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio “tutto compreso”.
La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n.7256 dell’ 11 maggio 2012, ha confutato ogni dubbio, definitivamente confermando che, al verificarsi di una problematica nel corso di un viaggio tutto compreso, il danno da vacanza rovinata sarà sempre risarcibile in quanto “previsto dalla legge oltre che dalla costante predica della Corte di Giustizia Europea”.
Devono pertanto essere considerati, per il futuro, non più ammissibili i tentativi degli uffici legali dei Tours Operator di non riconoscere il danno da vacanza rovinata in favore del turista deluso, in quanto tale danno, che deve essere riferito ad una lesione di una prerogativa della persona umana, trova tutela nella specifica normativa, nel diritto all’integrità psicofisica sancita nell’art.32 della Costituzione e nei Principi Comunitari.
La Corte di Cassazione risolve, inoltre, anche i conflitti sulla prova della lesione e sulla valutazione del danno morale affermando che, non potendo gli stati d’animo dei turisti formare oggetto di prova diretta, sarà sufficiente provare l’inadempimento del tour operator per far scattare il danno non patrimoniale, in base alla mancata realizzazione della “finalità turistica”.
Presupposto per la liquidazione del danno è il superamento della soglia minima di lesione che può addirittura considerarsi implicito se la vacanza rovinata si configura come evento “irripetibile” o “speciale” nella vita dei turisti (come ad esempio un viaggio di nozze).
Avv. Fabio Collavini
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