Navigando nel Web o semplicemente leggendo riviste turistiche, ci si imbatte sempre più spesso nel termine vacanza rovinata, ma, su cosa tale termine significhi o sul perché tale fattispecie debba trovare nel nostro ordinamento un diritto risarcitorio non v’è ancora totale chiarezza.
Il rischio è che il turista, vittima di un “pregiudizio” durante la propria vacanza, cada nell’errore di pensare di poter richiedere chissà quale risarcimento, così da imbarcarsi in costose, quanto infruttuose azioni legali (alle volte diciamolo pure, anche avallate da parte di professionisti non esperti della materia).
Esulando da eccessivi tecnicismi che spesso confondono il lettore, è possibile definire il danno da vacanza rovinata come il pregiudizio sofferto dal turista a causa dell’inadempimento contrattuale dell’organizzatore turistico durante l’esecuzione del viaggio tutto compreso.
Sostanzialmente, infatti, dall’inadempimento contrattuale dell’organizzatore del viaggio possono derivare al viaggiatore due tipi di danno, il primo di natura patrimoniale (esempio la perdita del bagaglio), il secondo di natura non patrimoniale (lesione del periodo di svago e riposo determinato dalla mancanza di indumenti e beni personali), ossia il c.d. “danno da vacanza rovinata”.
Superata l’oramai desueta problematica che vedeva ancorata la risarcibilità del danno non patrimoniale nel solo caso in cui il fatto illecito assumesse connotazione di reato (ex art. 2059 c.c.), è, dunque, possibile affermare che il danno da vacanza rovinata trova oggi piena risarcibilità nel nostro ordinamento.
La conferma di tale affermazione viene data proprio dal D.lgs 206 del 2005 – il Codice del Consumo – che ha recepito ed incluso negli artt. dall’ 82 al 100, tutte le disposizioni in materia di viaggio organizzato. In particolare, all’art. 93 viene statuito da parte del legislatore che “in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l´organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità, se non provano che il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile. L´organizzatore o il venditore che si avvale di altri prestatori di servizi è comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti.”
Individuata la fonte normativa del “danno da Vacanza Rovinata”, è opportuno affrontare il problema della quantificazione di tale “danno”, in modo da dare al turista un’idea verosimile del risarcimento che potrebbe richiedere nei confronti dell’operatore turistico responsabile.
Ebbene, sino ad oggi, per calcolare il danno da vacanza rovinata si è proceduto in un clima di assoluta disomogeneità giurisprudenziale, atteso che i giudici italiani hanno liquidato, affidandosi allo strumento equitativo, le somme più variegate, offrendo principi e quantificazioni sempre differenti del danno lamentato da parte del turista.
A differenza di altre materie, come ad esempio l’infortunistica stradale, casi simili trovano nella realtà giurisprudenziale attuale differenti soluzioni giuridiche e difformi criteri di quantificazione. In via esemplificativa:
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il Tribunale di Torino 1996, ha previsto un risarcimento paria alla “metà del valore del pacchetto turistico”;
il Tribunale di Bologna 15 ottobre 1992, Tribunale di Palermo 5 ottobre 2006, che non hanno fornito alcun parametro;
il Tribunale di Milano 7 febbraio 2002, che ha quantificato il risarcimento nel prezzo intero della vacanza cui vanno ad aggiungersi gli eventuali pregiudizi patrimoniali per ferie non godute ed il malessere e la depressione per la vacanza rovinata;
il Tribunale di Roma 6 ottobre 1989, che ha giustificato il nocumento risarcibile nel doppio del costo del biglietto.
Solo nell’ottobre 2007, il Tribunale di Milano si è occupato del problema ed ha tentato di offrire un uniforme strumento di valutazione del danno da vacanza rovinata, teso a quantificare in modo omogeneo la lesione dell’aspettativa di svago e riposo in capo ad ogni turista.
Ebbene, la motivazione resa nella richiamata sentenza, permetterebbe al turista danneggiato di quantificare il danno sofferto attraverso parametri prestabiliti, alla luce delle tabelle sull’invalidità temporanea preesistenti, ma entro un range prestabilito nel minimo e nel massimo.
Il Tribunale lombardo, utilizzando come criterio di riferimento i parametri di liquidazione del danno alla persona per inabilità temporanea, ha tentato di individuare, approssimativamente, il limite, superiore, che tale ristoro può raggiungere, tenuto conto della intera durata della vacanza (per il danno biologico da inabilità assoluta le tabelle usualmente adottate dal Tribunale di Milano riconoscono una somma di Euro 65,00 al giorno cui deve aggiungersi il danno morale soggettivo nella misura di una frazione, da un quarto alla metà, del primo).
Y = ammontare del risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata
X = giorni della durata della vacanza
N = valore sottratto all’inabilità assoluta = inabilità temporanea
Y = 65 • X (danno biologico) + ¼ <> ½ 65 • X (del danno biologico che corrisponde al danno morale soggettivo)
Tale modalità di quantificazione, che allo scrivente appare, così formulata, non immune da critiche, ha tuttavia il pregio di aver affrontato, per la prima volta, il problema della quantificazione del danno da vacanza rovinata, sottolineando l’esigenza di determinare in modo univoco la forbice risarcitoria per i casi di inadempimento contrattuale dell’organizzatore turistico o dei suoi ausiliari.
In definitiva, tale nuovo principio di quantificazione permetterebbe una prima valutazione certa del “danno da vacanza rovinata”, senza ovviamente pregiudicare la possibilità per il turista di valersi dei rimedi posti dagli artt. 1453 e segg. Codice civile, in base al caso specifico.
In attesa di conoscere l’applicabilità o meno che verrà data a tale innovativo metro di giudizio, la rappresentata disomogeneità dei principi di valutazione, che oggi caratterizza i precedenti giurisprudenziali dei giudici italiani, aumenta la necessità del turista di affidarsi alla professionalità ed alla esperienza di esperti della materia, al fine di inquadrare la responsabilità dell’operatore turistico e l’effettiva possibilità di ottenere il risarcimento del torto lamentato.
A cura dell´Avv. Fabio Collavini